Cresce la comunicazione delle imprese e si definiscono nuovi modelli di relazione con i consumatori. Con le “etichette parlanti”, sinora diffuse principalmente nel fashion e nell’elettronica di consumo, si innesca un nuovo flusso comunicativo, più costante e coinvolgente, che soddisfa maggiormente le attese dei clienti. Sfruttano la tecnologia QR-Code ed è sufficiente avvicinare la fotocamera dello smartphone o del tablet per avviare brevi videoclip che, per esempio, invitano ad un’esperienza multisensoriale del magico territorio dell’Etna o alla presentazione dei vini effettuata dall’enologo dell’azienda oppure alla descrizione delle qualità nutrizionali del prodotto, delle sue caratteristiche e dei suoi benefici sulla salute da parte di un medico esperto di scienza dell’alimentazione.
Il QR-Code, codice a barre bidimensionali, è stato inventato nel 1994 in Giappone dallo specialista Denso Wave, e si è rapidamente diffuso in tutto il mondo perché permette di passare immediatamente dalla carta al mondo del web e al suo contenuto fatto di testi, video e immagini che possono essere visionati, salvati o condivisi via e-mail o attraverso i social network.
Nel mondo agroalimentare negli ultimi sette anni le nuove etichette sono state usate da aziende di ogni dimensione e per lo più nel segmento vino e formaggio. Se consideriamo, però, la rapida diffusione di smartphone e tablet negli ultimi ventiquattro mesi possiamo facilmente prevedere una più ampia applicazione nei prossimi due anni, soprattutto per i prodotti di alta qualità e per quelli fortemente legati al territorio.
La predisposizione delle “etichette parlanti” richiede un forte coinvolgimento del marketing e della comunicazione, come al solito in stretta sinergia anche se fedeli alle proprie prerogative. Dal punto di vista comunicativo è necessaria una stretta coerenza tra mezzo, messaggio e principale luogo di fruizione. Ma gli imprenditori sono realmente disponibili ad investire nel consolidamento della relazione con i consumatori? Da questo punto di vista le “etichette parlanti ” sono davvero un banco di prova interessante.