Mori il superveloce, verrebbe da dire dopo questa nuova sentenza che riguarda l’ex comandante dei Ros e ex direttore del Servizio segreto civile. Nel 2006 i giudici di Palermo formularono la sentenza di assoluzione con formula piena al generale Mori e a De Caprio per la mancata perquisizione del covo di Totò Riina, capo della mafia, e nel 2013 altri giudici, sempre del Tribunale di Palermo, assolvono Mario Mori e Mauro Obinu, colonnello a suo tempo nel Ros, per non aver fatto irruzione in un casolare dove si trovava Bernardo Provenzano, altro capo mafia, ritenendo che il fatto non costituisca reato. In entrambi i processi l’accusa sosteneva che c’era la volontà di Mori e del suo rispettivo braccio destro di avvantaggiare i capi mafia in quanto dopo il periodo stragista si era nel pieno della cosiddetta trattativa Stato-mafia, su cui è in corso un dibattimento appena cominciato in corte d’assise per accertarne la fondatezza. Invece i giudici palermitani hanno ritenuto che il generale dei carabinieri, ormai in pensione, non si fidasse dei confidenti e delle fonti informative e per questo motivo evitò di avviare attività di verifica che, con il senno di poi, avrebbero fruttato arresti eccellenti. Di sicuro le due sentenze della magistratura, la prima dopo dodici anni di processi e la seconda dopo cinque anni, raffigurano nell’opinione pubblica un generale molto veloce nelle decisioni, nonostante la classe politica lo abbia sempre ritenuto un investigatore di razza.
pubblicato sul quotidiano online ”Affari Italiani”