Nel primo semestre del 2013 le vendite alimentari sono crollate dell’1,8%. Nel dettaglio a giugno gli acquisti sono scivolati al 2,9% con una interessante distinzione per canali distributivi: nei piccoli negozi il calo è stato del 4,5%, nei supermercati il calo è del 3,2% e solo nel discount si nota una leggera resistenza alla caduta con un -1,3%. Tre dati negativi che consolidano i trend in atto e che all’inesorabile affievolimento della piccola e frammentata distribuzione contrappone la rete dei discount che rappresenta un’ancora di salvezza per il 62% delle famiglie italiane.
La Confederazione italiana degli agricoltori commentando i dati Istat mostra un Paese regredito di trent’anni in cui ben 16 milioni di famiglie sono costrette a ridurre quantità e qualità della spesa alimentare con la conseguenza che abbandonano la sana dieta mediterranea a favore del più economico e facile junk food. Un cambiamento nelle scelte dei consumatori che non può che impensierire tutta la food comunity soprattutto l’industria di marca. Sempre meno prodotti freschi e sempre più cibi in scatola e surgelati, sembra essere questa la direttrice di marcia di una fetta consistente della popolazione italiana. Tutti in negativi i dati della spesa per le principali categorie merceologiche: quella per la pasta è crollata del 9,3%, per la carne rossa del 4,4%, per l’ortofrutta del 3,7 e per il pesce fresco addirittura del 16,6%. Segnali allarmanti che denotano una difficoltà crescente per i consumatori italiani che soffrono per la lunga recessione economica.
Per le imprese agroalimentare il calo dei consumi interni viene però controbilanciato da un significativo incremento dell’export che si prevede nell’anno in corso pari al 7%. La Coldiretti si sofferma proprio sulla positiva valutazione della fiducia delle imprese agroalimentari rilevata dall’Istat che denota il continuo successo del Made in Italy all’estero. Sergio De Nardis, capoeconomista di Nomisma, invita però ad essere molto prudenti perché la “ripresa si annuncia lenta”.