E’ davvero un perimetro difficile quello che si trova a vivere il comparto italiano ortofrutticolo, il secondo per produzione nell’Unione Europea. Tante le minacce sul piano internazionale e dunque per le nostre esportazione che nel corso del 2019 sono crollate del 4% per la frutta e del 2% per gli ortaggi attestandosi a 4,5 miliardi di euro. In Cina dopo il boom degli ultimi anni degli agrumi e dei kiwi le cose stanno velocemente cambiando in peggio. Facilmente immaginabili i ritardi e le lungaggini richieste alla logistica sul territorio cinese anche per via del coronavirus ma la Coldiretti denuncia anche una vistosa incongruenza di base nelle relazioni agroalimentari Italia-Cina. I cinesi esportano pere e mele nel Belpaese nonostante problemi di patogeni frutticoli che stanno mettendo in difficoltà tante nostre produzioni nazionali e che potenzialmente posso provenire anche dalla Cina. I nostri prodotti sono, invece, bloccati in Cina per verifiche fitosanitarie. Una evidente disparità commerciale che il governo Conte II è chiamato a risolvere.
A ciò si aggiungono i pericoli dei ritardi doganali alle frontiere britanniche oltre agli eventuali dazi che il Regno Unito potrebbe applicare nei confronti delle merci italiane a seguito della Brexit. La fuoriuscita del Regno Unito dall’Unione europea potrebbe danneggiare l’ortofrutta italiana per via dei ritardi nelle forniture e dei costi più elevati e, cosa ancor più grave, essere sostituita nel tempo da altri paesi, nostri competitor che, grazie ad accordi già in essere con Londra, risultano in tal modo privilegiati.
Se alle novità cinesi e alla Brexit aggiungiamo i dazi statunitensi decisi dal presidente Trump e il prosieguo dell’embargo russo il quadro che si delinea è quello di un perimetro davvero molto preoccupante per il nostro export ortofrutticolo.