Un grande player francese della distribuzione come Carrefour ha avviato in Italia la procedura di mobilità per 500 lavoratori su un totale di circa 20mila dipendenti nel Belpaese. Le malferme condizioni dell’economia italiana disincentivano i consumi con conseguente criticità per i format di per sé già stressati da obsolescenza per così dire tecnica.

E’ da tempo che nel Belpaese gli ipermercati subiscono cali di redditività significativi tanto da indurre le insegne ad escogitare soluzioni di attrattività diverse. Alcuni, ad esempio, realizzano ristoranti gourmet per accrescere i flussi di visitatori anche se non è verificato il conseguente traino del consumo nel limitrofo punto vendita. Altri, nell’assoluta difficoltà di individuare efficaci restyling nel format, sono costretti a disinvestire. Tra questi Carrefour che ha previsto la chiusura di ben 32 ipermercati sui 57 aperti nel nostro paese. Un drastico ridimensionamento della presenza dell’insegna frutto di tardive considerazioni gestionali se messe in relazione con i risultati di bilancio degli ultimi anni.

Un passo dunque necessario per la struttura societaria, eppure i sindacati italiani, fermi ad una visione novecentesca, se non addirittura antecedente, attribuiscono la responsabilità della crisi alla decisione di tenere aperti gli ipermercati H24, ogni giorno dell’anno ad ogni ora della giornata. Come se le esigenze dei consumatori e i tempi di vita dei cittadini, sempre più flessibili, non fossero categorie non dico da rispettare ma neanche da considerare. L’Italia è un paese in forte ritardo sui tempi della vita e sulle necessità degli uomini e delle donne di oggi proprio per una prevalente visione politica che ha sempre tutelato l’esistente per esigenze elettoralistiche.

Il mondo corre nelle sue trasformazioni e la distanza con un Belpaese completamente fermo si acuisce. I sindacati nel passato hanno rifiutato di considerare l’azienda come un patrimonio da tutelare e contribuire a salvare attardandosi a presidiare i diritti dei già tutelati. Sempre più casta anche i sindacati dei lavoratori dunque distanti ormai dalla vita degli italiani e sempre più in crisi di rappresentatività e di reputazione anche per i recenti fatti di cronaca come ad esempio la Cisl a Napoli. Prosegue senza interruzione lo svuotamento dei corpi intermedi che alimenta la speranza di una più rapida trasformazione del nostro paese e dell’aggancio alla modernità.

pubblicato come editoriale sul quotidiano online “Affari Italiani”

 

A seguito di alcune considerazioni, successive alla pubblicazione dell’articolo e svolte nella grande distribuzione organizzata, faccio presente che se al momento le chiusure dichiarate sono solo quelle relative a tre ipermercati (fonte: agenzie stampa del 6 e 7 febbraio 2017) le gravi perdite realizzate negli ultimi anni lasciano presagire non semplici riorganizzazioni bensì vere e proprie chiusure. L’ultima ricerca di “Mediobanca R&S” evidenzia come Carrefour dal 2011 al 2015 avrebbe iscritto perdite per 2,47 miliardi di euro causati da inefficienze gestionali riscontrabili, ad esempio, nel rapporto vendite su metro quadrato di superficie pari a 5mila euro mentre i migliori player si attestano intorno a 15mila euro, circa il triplo. In Carrefour la struttura dei costi non è tanto diversa da quella dei competitor, il problema è il calo dei ricavi. E il management francese dovrà ripensare la sua capillare presenza nel Belpaese attraverso la progressiva chiusura di alcune decine di punti vendita.

aggiornamento del 14 febbraio 2017