L’inattesa decisione del 15 gennaio della Banca centrale elvetica di porre fine al cambio fisso franco-euro in vigore da oltre tre anni grazie alla spinta deflattiva generata favorisce la ripresa di competitività relativa in particolar modo nel Sud Europa. Anche se limitata nella portata è pur sempre per noi una buona notizia. Una seconda buona news potrebbe venire da Atene. Domenica 25 gennaio ci saranno le elezioni politiche che sceglieranno il futuro premier e il partito dell’uscente, il conservatore Antonis Samaras, appare in netta difficoltà. Il suo Nea Dimokrazia segue nei sondaggi Syriza, il partito di Alexis Tsipras (nella foto durante un comizio in Grecia) che in caso di vittoria potrà collaborare con il Partito Comunista di Grecia e con Antarsya, due partiti anch’essi critici verso la politica di austerità dell’Unione europea. Rimane ambiguo e privo di colore il Pasok, il partito socialista, membro del Pse, che insieme con Nea Dimokratia sostiene l’attuale governo di Samaras, e che si dice pronto a collaborare con Syriza ma solo con un nuovo programma condiviso. Da parte sua Alexis Tsipras chiede agli elettori di dare al suo partito una maggioranza tale da consentirgli di formare un governo monocolore per guidare un grande cambiamento progressista basato sulla fine delle politiche di austerità decise dalla troika – Commissione Ue, Bce e Fmi – e la lotta alla corruzione politica che ha distrutto il Paese.
Nel frattempo in Europa si monitorano tutti gli scenari possibili e se nel parlamento tedesco, il Bundestag, nel corso di un dibattito dedicato al futuro del paese ellenico nella moneta unica si è ribadita l’intenzione che la Grecia resti nell’euro sono già pronti dossier per gestire la sua eventuale fuoriuscita. Ma il dibattito non può non considerare l’effettiva condizione di un popolo in grande difficoltà. Yiannis Mouzakis, un economista greco, ha dimostrato che su 226 miliardi di euro ricevuti dalla troika in più tranche solo 27 miliardi hanno coperto i costi dello Stato, mentre il resto è servito a ricapitalizzare le banche elleniche e i suoi creditori, in primis le banche tedesche e francesi. A seguito di questi aiuti il debito della Grecia è arrivato all’insostenibile 177% e la troika ha imposto nuovi programmi di austerità fiscale e salariale alla popolazione greca. Crescita della disoccupazione, crollo del welfare state e diffuso impoverimento sociale sono le motivazioni del prevedibile successo di Syriza. Che partendo dalla constatazione della “crisi umanitaria” ha un programma di aiuto concreto per i più deboli, il rilancio della domanda interna, una nuova banca pubblica che stimoli gli investimenti, una radicale riforma fiscale, una politica per l’occupazione e maggiore democratizzazione nel sistema politico. Sul debito pubblico Tsipras propone la cancellazione di gran parte del debito e interessi ancorati al tasso di crescita del paese. Dentro l’Euro ma non per forza.
Mentre Syriza si prepara a contare i voti per rimediare al crollo stimato del 32% del pil greco nei popoli dell’Eurolandia cresce la speranza di nuove politiche economiche meno devastanti. Speranza colta sempre da partiti esterni al partito socialista europeo, il Pse, e lontani dall’ortodossia marxista come in Spagna dove il Podemos, Possiamo in italiano, spera in una grande vittoria nelle elezioni politiche del 20 dicembre. Podemos nasce con la gigantesca manifestazione degli indignati del 15 maggio 2011 a Puerta del Sol (nella foto) e punta a risolvere il problema degli sfratti causati dalla bolla immobiliare, della disoccupazione, della ristrutturazione del debito e dell’impoverimento sociale attraverso un nuovo welfare state. Bisogni e soluzioni simili a Syriza e condivisi da tempo anche dai cittadini di altri Paesi europei.
pubblicato sul quotidiano online ”Affari Italiani”