L’influencer è un utente attivo sui social media con un considerevole numero di follower/iscritti che potenzialmente esercita un’influenza sugli altri utenti digitali. L’Italia per la Nielsen (dati di novembre 2023) con oltre 2 milioni di influencer attivi è il secondo mercato europeo dopo il Regno Unito. Un mercato quello italiano che si sviluppa principalmente su tre piattaforme, Instagram (61% influencer attivi), TikTok (37% influencer attivi) e YouTube (meno del 2% di influencer attivi) e cresce ad un tasso del 21% su base annua con un forte incremento su TikTok (+45%). Milano, Roma e Napoli i tre centri che aggregano più influencer/creator. La maggior parte degli influencer italiani sono donne e prediligono Instagram mentre gli uomini come influencer presidiano prevalentemente YouTube. Gli influencer della generazione Z (tra 18 e 24 anni) preferiscono TikTok, quelli della generazione Millennials (tra i 25 e i 34 anni) invece prediligono Instagram.
Secondo le ultime cifre fornite dall’Upa – l’associazione che riunisce le più importanti aziende industriali, commerciali e dei servizi che investono in pubblicità e in comunicazione – in Italia il 90% delle aziende utilizzano influencer marketing – IM – generando un investimento che solo per il 2023 è stimato in 323 milioni di euro, con un incremento del 10% rispetto al 2022. Un mercato dunque, quello dell’influencer marketing, in piena crescita, a due cifre. Per il 56% il budget proviene dalla pianificazione Media, per il 19% dalla Comunicazione e solo per il 14% dal Marketing. L’IM si rileva in tal modo sempre più un ombrello aziendale e non di singola area gestionale. Anche l’Upa rileva questa importanza strategica degli influencer/creator per le imprese ma, allo stesso tempo, è consapevole che il mercato abbia forte necessità di un approccio molto più professionale.
In genere nel nostro paese le imprese guardano con attenzione sia ai macro influencer/creator che presentano almeno 100mila follower/iscritti al proprio account sia ai mega influencer con oltre un milione di follower/iscritti, assieme diffondono quasi il 60% dei contenuti branded. Sono dunque solo una parte del totale gli influencer utilizzati dall’impresa attraverso crescenti investimenti giustificati dall’attesa di un loro potenziale sostegno alla Comunicazione. Gli influencer/creator dovrebbero prevalentemente aumentare la brand awareness, l’interesse degli utenti digitali e favorire in generale un sentiment positivo verso l’azienda e i suoi marchi.
All’interno delle imprese si dovrebbe perciò partire dall’analisi del contesto aziendale e di prodotto per poi passare alle caratteristiche valoriali degli influencer/creator, espresse in un apprezzabile intervallo di tempo, per verificare che siano in perfetta sinergia con quelle dell’impresa e dei suoi brand (non dimentichiamo che l’affinità ha anche un impatto sul Roi). Successivamente si passano ad affrontare gli altri importanti aspetti come il rispetto di tutte le regole di trasparenza della comunicazione commerciale, ecc. Ma queste analisi talvolta vengono effettuate con troppa velocità, si predilige la massimizzazione del Roi della campagna d’IM alla diffusione di contenuti e valori di qualità che sono più laboriosi e lunghi e che richiedono Comunicatori con competenze trasversali e lunga esperienza aziendale. Eppure se in azienda occorre sempre limitare l’alea del rischio è proprio questa la strada necessaria per intraprendere campagne di marketing online. Tanto più che nel mondo dei social media c’è consolidata letteratura per sostenere che l’unica certezza che abbiamo è quella di assistere a tendenze e sviluppi difficilmente prevedibili.