Non solo nella politica, anche nel sindacato prosegue e si rafforza la leadership. Un metodo di governo dei movimenti e di quello che rimane dei vecchi partiti politici. Berlusconi, Renzi, Salvini, Di Maio. Tutti leader di organizzazioni che attraverso l’uso smodato della propria immagine e della propria persona puntano a ridare smalto ai depotenziati corpi intermedi. Nell’epoca della disintermediazione la leadership appare l’ultimo baluardo prima della bandiera bianca. Stavolta è il momento di Maurizio Landini che, dopo gli accordi con l’ex segretario Susanna Camusso e il duro confronto congressuale di Bari, si trova a gestire il più grande sindacato dei lavoratori italiani, la Cgil. Gli accordi siglati a Roma, ma formalmente chiusi a fine gennaio a Bari, prevedono una gestione collegiale tra il vincitore Landini e il perdente Vincenzo Colla sostenuto dai pensionati. Di fatto Landini, collaudato uomo politico, cercherà di svincolarsi dall’abbraccio collegiale attraverso l’esercizio di una forte e costante leadership. Il suo protagonismo iniziato a Roma con la manifestazione nazionale unitaria di inizio febbraio dimostra la volontà del nuovo segretario Cgil di fare leva sui suoi talenti e sul consenso che spera sempre crescente. Altro che spazio ai vicesegretari, di cui uno è proprio Colla, e alla segreteria confederale. La gestione Landini della Cgil sarà caratterizzata da un forte personalismo, una leadership esercitata prepotentemente per affrancarsi dagli accordi congressuali e conseguire quella visibilità sociale capace, nel medio periodo, di portarlo, nel caso di un esecutivo di centrosinistra, ad un incarico di governo. Giorgia d’Errico, assistente dell’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, cura già oggi i rapporti di Landini con le Istituzioni.
pubblicato sul quotidiano online “Affari Italiani”