Roma – Dalla territorialità della politica alla territorialità dell’economia. In ambito politico una fetta della classe dirigente meridionale invoca il ritorno all’impegno territoriale auspicando la discesa in campo addirittura della Lega Nord, intesa come best practise del lavoro politico sul campo. E’ difficile che il disegno si realizzi perché i vertici del Carroccio non possono alterare gli equilibri con il proprio partner politico, il Pdl, però è un segnale che evidenzia una tendenza. Nell’economia il passaggio della Tirrenia e della controllata Siremar dallo Stato alla società privata meridionale Mediterranea Holding di Navigazione rappresenta un indicatore di ulteriore radicamento sul territorio da parte di soggetti imprenditoriali del sud. Un dossier complesso e articolato che vede la società Tirrenia appesantita di un debito pari a 520 milioni di euro a fronte di un piano di sovvenzionamento pubblico di 1,3 miliardi di euro distribuiti nei prossimi dodici anni. Il costo dell’operazione è di 25 miliardi di euro spalmati in dieci annualità e il punto di pareggio del bilancio dovrebbe realizzarsi fra otto anni circa. I due principali soci privati, Alexisis Tomasos e Salvatore Lauro, sono in compagnia di altri armatori campani e della Regione Sicilia che detiene il 37% del capitale rappresentato da azioni di tipo B destinate a passare di mano entro pochi anni. A differenza di Alitalia l’acquirente si è assunto l’onere di saldare il conto di decenni di inefficienze produttive e di assunzioni clientelari e il nuovo piano industriale dovrà puntare necessariamente su queste due leve . I sindacati, che hanno la coda di paglia, hanno infatti già alzato le barriere cosi che il nodo occupazionale appare ad oggi il primo significativo step per il top management. L’impegno di Lauro e company conferma l’orientamento, sempre più forte anche nel mondo economico, di presidiare il territorio conosciuto cercando tutte le opportunità di profitto. Per la Fiat il discorso cambia. Il suo prodotto globalizzato, l’auto, obbliga a considerare domestico il mercato mondiale e spostare la produzione in Serbia è come rimanere in casa. Si dilata il senso del territorio senza intaccare la vocazione preminente al lavoro sul campo conosciuto. Con luoghi, soggetti e regole ben noti e collaudati.
pubblicato sul quotidiano on line “Affari Italiani”