Se ne è parlato durante le manifestazioni del Primo Maggio. Dopo venti anni dal progetto di Sergio D’Antoni si torna a parlare di riunificazione. Ma stavolta ci sono degli elementi di novità. Prima di tutto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, con il suo forte carisma personale e l’ambizione politica ha le carte in regola per parlare di nuova unità sindacale visto che fu proprio lui anni fa, da segretario di categoria, a rompere l’unità tra i metalmeccanici sul contratto di lavoro. Proprio perché conosce le conseguenze delle divisioni oggi anela ad una riunificazione delle tre maggiori sigle sindacali. Landini ha sempre mostrato una forza dialettica e fattuale non comune, basti pensare che non ha mai voluto sottoscrivere il piano di riorganizzazione proposto all’epoca da Sergio Marchionne. “Sono venute meno le ragioni storiche, politiche e partitiche che portarono alla divisione sindacale” afferma il segretario generale Cgil e chiede, con una intervista rilasciata a Roberto Mania di Repubblica, un solo sindacato per il lavoro.
Numerose le proposte che uniscono già Cgil, Cisl e Uil, dal fisco alla sanità passando per le pensioni, dai contratti agli investimenti e non si comprende, se non per ragioni di poltrone, l’attuale frammentazione della rappresentanza dei lavoratori. Certo, questa situazione di coabitazione tra sigle è anche frutto dell’assenza di un quadro legislativo che premi la giusta rappresentanza. Finora in Italia l’esercizio della democrazia sul luogo di lavoro viene vissuto come processo teso a moltiplicare sigle e contratti che aggrovigliano in un guazzabuglio giuridico diritti e doveri dei lavoratori.
La Cisl pare sostenere la proposta Cgil solo se parte dal basso e dai luoghi di lavoro e la Uil chiede di passare ai fatti istituendo una commissione ad hoc. Politico il commento del presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, secondo il quale “serve un sindacato forte per costruire un grande Paese”.
Che un sindacato unitario e non unico sia necessario è pacifico. Nei prossimi anni ci saranno sfide terribili sul fronte sindacale, dalle ore di lavoro alla qualità lavorativa passando per il difficile equilibrio tra limiti alla precarietà e necessaria flessibilità aziendale. Diverrà centrale l’equilibrio fra vita, lavoro e passioni.