Napoli, 28 ottobre 2008- Non c’è ingresso di facoltà universitaria occupata in cui non sia affissa l’intervista del giornalista Andrea Cangini a Francesco Cossiga pubblicata il 23 ottobre sui quotidiani del gruppo QN. Studenti solerti hanno evidenziato con pennarello giallo le parti salienti in cui l’ex presidente della Repubblica ha dichiarato che è necessario ” infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città”, finchè “il suono delle sirene delle autombulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri”. Poi “…le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà…ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano”. La requisitoria di Cossiga colpisce tutti, studenti e docenti, e fornisce al ministro degli Interni, Roberto Maroni, una potenziale strategia da mettere in campo. Una costruzione strategica, ovviamente, parossistica, come è nei toni del senatore a vita. Con un curriculum da docente di diritto costituzionale che lo portò ad insegnare nelle aule dell’Univerità di Sassari i presupposti della vita di una democrazia e da ex ministro dell’Interno alla fine degli anni ’70 che lo portò a rimodulare i cardini della sicurezza nazionale con la riforma dei servizi, Cossiga non può aver esposto una tesi così ardita se non per evidenziare le criticità del suo opposto. Quel ruolo di alcuni docenti nel sostenere le lotte degli studenti che l’ex presidente trova “grave” e quel “probabile” rischio che “il terrorismo tornerà ad insanguinare le strade di questo Paese”. Frasi nette, tagliate con lama spessa, per creare un fronte di pensiero. Con la diffusa affissione dell’intervista alcuni studenti universitari potrebbero resuscitare il Kossiga degli anni ’70. L’importante è che poi non ci sia il seguito paventato dallo stesso ex presidente. Ma dal 23 ottobre Maroni sa quale strategia non dovrà mai attuare.