Napoli, 2 aprile 2010 – Con le elezioni regionali di fine marzo la politica meridionalistica è nelle mani del centro-destra. Amministra 5,8 milioni di campani, 2 milioni di calabresi, quasi 5 milioni di siciliani e 330mila molisani. Continuano ad essere governate dal centro-sinistra la Puglia e la piccola Basilicata. Oltre tredici milioni di meridionali sono dunque nelle mani della classe dirigente del centro-destra. Vedremo quali risultati sarà in grado di portare. Da tempo nel Sud soffiava un vento di rinnovamento molto forte come ben dimostrano le percentuali ottenute dai nuovi governatori in Campania e in Calabria. Se anche la Sicilia fosse andata al voto forse la giunta sarebbe oggi più omogenea e gestibile raddrizzando l’attuale corso ondivago. In tanti anni di governi di centro-sinistra nel Sud numerosi problemi sono rimasti al palo, anzi si sono progressivamente incancreniti. Dal deficit della sanità al dissesto idrogeologico, dal mancato sviluppo turistico alla carenza nel ciclo dei rifiuti. Non sono mancati meriti né ad Antonio Bassolino né ad Agazio Loiero. Il primo ha sviluppato la rete dei trasporti a Napoli e in Campania di cui c’era assoluta necessità ed ha accresciuto la promozione e la fruizione dell’arte. Storicamente un cavallo di battaglia delle antiche giunte di sinistra l’arte è stata sempre al centro della giunta Bassolino attirandosi anche strali polemici dall’altrimenti assopita borghesia campana. Loiero ha stanziato copiosi investimenti infrastrutturali per portare finalmente l’acqua nelle case di Reggio ed ha pianificato micro-interventi di sviluppo territoriale. Troppi però i problemi non risolti e i meridionali hanno voltato pagina. Ma il passato non si cancella e sono forti le ipoteche per le nuove giunte. Per il deficit della sanità Stefano Caldoro in Campania deve gestire 6 miliardi di debito e Giuseppe Scopelliti in Calabria 550 milioni di debito. In Sicilia il deficit sanitario supera il miliardo. Ultime chance per il Sud Italia. L’attuale programmazione europea termina il 2013 e la successiva taglia i flussi monetari nelle sei regioni meridionali a favore delle altre aree europee ancor più sottosviluppate. Da parte sua il bilancio statale sarà sempre più smilzo e non potrà approntare capitoli di spesa significativi per il Sud, né in conto investimenti né in conto spesa corrente. Solo se dovesse diventare operativa la Banca del Sud di Giulio Tremonti allora ci sarebbero una cinquantina di miliardi da impiegare. Questi sono i contorni del perimetro di azione entro cui dovranno muoversi le nuove giunte meridionali di centro-destra. All’orizzonte si scorgono nuovi aumenti nelle addizionali Irpef e Irap a meno che non si raggruppino i debiti pregressi in una bad bank rinviando alle calende greche il loro rimborso. Ma se i dirigenti del centro-destra saranno coerenti alle loro idee non potranno aumentare la pressione fiscale e saranno costretti a chiedere al premier Berlusconi l’operazione Roma-bis. I meridionali, ma in definitiva il Paese intero, si attendono politiche strutturali che facciano rinascere le sei regioni e la sfida al centro-destra è di uscire dalle incombenze quotidiane e di alzare lo sguardo. Le sue sorti in Italia sono legate alle risposte che saprà dare.